Zero waste cities:
lo user journey come strumento per il redesign

Adoro le parole intraducibili.

O meglio, adoro quelle parole straniere che esprimono un concetto noto, ma che in italiano non possiamo fare a meno di utilizzare un’intera frase per esprimere.

In giapponese, uno shokunin è un artigiano il cui agire ha anche un profondo valore etico e sociale. Ed è quello che aspirerei ad essere come web designer.

Ed è quello che, nel mio piccolo, ho cercato di fare quando mi sono ritrovato davanti questo progetto: il redesign del sito Zero Waste Cities.

Zero Waste Cities.

La nostra è una società basata sul lavoro i rifiuti.

Ahimè, è così.

E purtroppo le soluzioni di cui sentiamo più spesso parlare sono due:

Bruciare. Sotterrare.

Eppure la cosa migliore sarebbe quella di implementare un sistema che non generi rifiuti in primis.

Zero Waste Cities è un programma europeo che aiuta città e comunità ad effettuare questa transizione verso lo zero waste in un percorso che porterà progressivamente all’eliminazione dei rifiuti dalla nostra società.

Criticità dello stato di fatto.

Il sito che ci troviamo davanti ha sostanzialmente un unico grosso problema. Tutte le informazioni chiave sono concentrate in un documento chiamato Masterplan: un pdf di oltre 80 pagine e di 16MB da scaricare e sfogliare con dedizione, ma rigorosamente offline.

Così la home page si apre con una sezione a tutta pagina che invita a scaricare questo documento. La seconda voce del menu rimanda sempre al pdf. Stessa questione per la voce “resources”, dove un’altra volta possiamo scaricare svariate cose, ma soprattutto questo Zibaldone che raccoglie tutto lo scibile sullo zero waste.

Menu e homepage del vecchio sito: l’attenzione è tutta rivolta al Masterplan, un documento pdf da scaricare.

Questa scelta di riversare tutte le informazioni su un pdf, inevitabilmente indebolisce il sito e lo spoglia di qualsiasi aspetto narrativo. Ed è un vero peccato, perché i potenziali valori educativi e sociali che ci aspetteremmo di trovare su una risorsa online del genere purtroppo non hanno modo di esprimersi.

Potenzialità dello stato di fatto.

Questo voluminoso documento chiamato Masterplan però presenta una struttura molto chiara e i suoi contenuti sono organizzati in modo lineare e consequenziale in tre grandi sezioni: Discover, Learn e Take action.

  • Con Discover scopriamo cosa sono le Zero Waste Cities.
  • Learn ci mostra cosa possiamo imparare dalle altre città che hanno già adottato una politica zero waste.
  • In Take action invece troviamo tutte le risorse necessarie per poterci attivare nella nostra città.

Queste tre sezioni definiscono un percorso conoscitivo che va dal «non ne so niente» al «ora ne so talmente tanto, che non vedo l’ora di rimboccarmi le maniche».

Ma non solo, ogni step del percorso si rivolge a un utente differente, che passo dopo passo, diventa sempre più cosciente delle problematiche ambientali e degli innumerevoli benefici che possono derivare dall’adottare una politica zero waste per una città.

Ecco quindi che siamo riusciti a scovare i valori educativi e sociali. Valori che mentre visitavamo il sito non riuscivamo a percepire. Ma non solo, abbiamo anche definito un percorso narrativo che si evolve con l’evolversi del nostro utente. E su questo vogliamo costruire il refactoring del nuovo sito.

Learn, Discover, Take action: la nuova struttura del sito.

Per prima cosa vogliamo spacchettare tutte le informazioni contenute nel Masterplan e renderle navigabili online. Per farlo dobbiamo riorganizzare l’intera struttura del sito.

Per orientarci durante questo processo definiamo quelli che saranno i nostri principali utenti e i loro relativi user journey.

Definiamo gli user journey

Abbiamo degli utenti “base” che si stanno appena affacciando al mondo dello zero waste. Questi utenti immaginiamo possano essere interessati a scoprire “definizioni” e risorse utili (magari nella loro lingua) e, perché no, anche contatti di esperti che operano nei loro stati.

Segue l’utente medio a cui decidiamo di mostrare le case studies, ovvero gli esempi di città virtuose che sono riuscite a ridurre drasticamente la produzione di rifiuti. Qui presentiamo l’ormai famigerato Masterplan: l’utente ora sa già di cosa stiamo parlando e una risorsa completa come questa può rivelarsi utile.

E infine l’utente esperto, che vuole approfondire gli argomenti anche usufruendo degli ulteriori servizi presenti sul sito. Presentiamo quindi in questa sezione i webinar, le conferenze e gli study tour: delle vere e proprie visite guidate alla scoperta di città zero (o quasi) waste.

A questo punto vogliamo far corrispondere ad ogni user journey una pagina del sito. Per la nomenclatura delle pagine vogliamo riprendere gli stessi termini utilizzati nel Masterplan. Quindi avremo:

  • Pagina Discover – utente base.
  • Pagina Learn – utente medio.
  • Pagina Take Action – utente esperto.

La nuova navigazione

Riepilogando quindi passiamo da una navigazione di questo tipo:

a questa:

La hero image come indice

Vogliamo che questa struttura sia chiara e si palesi all’utente. Decidiamo quindi di strutturare la hero image dell’home page come fosse un grande indice.

La nuova hero image del sito si struttura come un indice dei contenuti.

Le pagine interne seguono lo stesso concept e ospitano sulla hero image la tavola dei contenuti presenti sulla pagina stessa.

Stessa cosa per le pagine interne: la hero image della sezione Discover.

Incoraggiare il passo successivo.

Quando l’utente base “completa” la pagina Discover, vogliamo che sia invogliato a proseguire il suo percorso formativo verso lo zero waste. Lo stesso per l’utente “medio” che vuole passare al Take action.

Incoraggiamo questo passaggio realizzando un piccolo banner conclusivo in ogni pagina che invita l’utente ad affrontare lo step successivo.

Completata la sezione “Discover” sono pronto per il passo successivo: “Learn”.

Conclusioni: un invito allo zero waste.

Su Zero Waste Cities potete scoprire che la Sardegna in pochi anni è passata da essere la regione d’Italia che riciclava meno, all’isola del mediterraneo più virtuosa. O che il distretto di Priula e Treviso (che conta una cinquantina di comuni) genera un quinto dei rifiuti della media Europea. Ma non solo…

Sono storie positive, di fiducia nel futuro. Sono storie che ci ricordano che un cambiamento è possibile e che in piccola parte stia già avvenendo.

Anche nel nostro paese.

Come sta cambiando la pubblicità su Facebook e Instagram durante il Coronavirus

«Al netto del disastro collettivo attuale, negli ultimi anni non ho mai avuto un’opportunità come questa di mettere in discussione tutto.
E il verbo non è ripartire. Il verbo è modellare nuovi scenari.»
―Enrico Marchetto, Noiza

In questo articolo cerchiamo di darti qualche spunto che possa aiutarti a trovare soluzioni per contrastare il periodo difficile che stiamo vivendo. Ti portiamo come sempre la nostra esperienza sul campo, cioè quello che stiamo facendo insieme ai nostri clienti. Perché il modo in cui i brand trattano oggi con la crisi, può influenzare i consumatori in futuro.

La prima cosa da fare è sicuramente fermarsi un attimo a pensare, e la domanda da porsi è:

Cosa si aspettano dalla mia azienda le Persone?

Sicurezza e protezione

Se hai un negozio fisico o online, le persone vogliono essere certe che hai il controllo della tua catena di approvvigionamento e che rispetti le norme di sicurezza.

Trasparenza

Vogliono essere certe che la tua azienda agisce responsabilmente, che fa del bene alla comunità (compresi i tuoi dipendenti).

“Valore” reale

Si aspettano un tuo contributo, cosa può fare la tua azienda per dare una mano?

Comunicazione proattiva

In questi casi il silenzio è controproducente perché viene facilmente confuso con il disinteresse.

Ecco cosa puoi fare

Sii autentico, prepara un messaggio sincero, empatico, di solidarietà usando parole semplici e rassicuranti.

L’esempio di Velux:
“Il nostro pensiero è per tutti voi in questo momento così difficile. Distanti ma uniti, stiamo al sicuro. #iorestoacasa.”

l'esempio di velux

L’esempio di Just Australia:
“❌ NON PARTIRE. #iorestoacasa
Ci dispiace dirlo, ma è l’unico modo per contenere l’emergenza.
Se volevi partire però, non lasciar scappare il tuo Sogno!
Possiamo trascorrere il tempo che manca alla partenza, parlando di Australia, del tuo progetto, del tuo visto e di come funzionano le cose down under […]”

L’esempio di Naturanimali:
“🏠🐕 #stiamoacasa perché non sfruttare l’occasione per cucinare qualcosa di buono per i nostri pelosetti?
🥘 Non dovremmo essere proprio noi a dirlo, visto che vendiamo cibo per animali, ma la miglior cucina per il tuo animale È LA TUA 💚
Ecco una ricetta molto semplice da realizzare, pronta in un quarto d’ora.”

Mantieni un contatto proattivo e frequente con i tuoi clienti.

Condividi notizie rilevanti nel tuo settore di appartenenza tramite e-mail, sito web, Facebook, Instagram o qualsiasi altro mezzo che usi generalmente per connetterti con loro.
Ricordati di personalizzare i testi e le creatività a seconda della piattaforma che utilizzi: ad ogni canale, il suo linguaggio.

L’esempio di Uppa:

L’esempio di Just Australia:

L’esempio di Digital Update:

Rimodella il piano editoriale verso l’attualità.

Monitora costantemente i feedback e cerca di rispondere in modo esaustivo, tenendo presente sempre che le persone sono spaventate e nervose.

L’esempio di Uppa:

L’esempio di Velux:

Potenzia l’assistenza.

Se ancora non l’hai fatto, attiva un sistema che permetta alle persone di comunicare velocemente con te, puoi usare la chat di messenger è facile da istallare ed è gratuita, oppure puoi attivare un profilo WhatsApp Business.

L’esempio di Velux:

L’esempio di Tomura:

Monitora attentamente le tendenze dei consumatori perché emergono sempre nuovi spazi di domanda.

Cosa stai indossando in questo momento? 🙂

L’esempio di Benetton: 

Dei servizi e/o prodotti che offri, quali sono adatti da proporre in questo momento e quali no?

Concentrati su quelli che puoi vendere oggi, anche se non generano un grosso fatturato.
Una volta acquisito il cliente, avrai un canale di comunicazione agevolato per proporgli altri servizi e/o prodotti che a “freddo” non comprerebbe.

L’esempio di Just Australia:

Imposta aspettative realistiche.

Se hai un negozio online per esempio, installa un pop-up che si apre non appena l’utente atterra sul tuo store, comunicagli che spedisci, ma che potrebbero esserci ritardi che li terrai aggiornati passo passo sullo stato del loro ordine.

L’esempio di Naturanimali:

Usa le FAQ.

Prepara una lista di risposte alle domande che i tuoi clienti potrebbero porti, e fornisci più dettagli e rassicurazioni possibili nelle tue risposte.

Trasforma il traffico a pagamento in traffico di proprietà, cioè fai crescere il tuo database email.

Ora più che mai, curare la propria lista contatti è di vitale importanza perché:

  • ti permette di avere un contatto diretto e “riservato” con i tuoi clienti e potenziali clienti;
  • ti aiuta a rilanciare la tua attività quasi a costo zero.

L’esempio di Naturanimali:

Ospita eventi live streaming per rimanere in contatto con i tuoi clienti.

Nel caso in cui tu debba posticipare o annullare qualche evento/corso in programma, prova a organizzare un webinar o sessioni in diretta sui canali social.

L’esempio di Just Australia:

Più interazioni grazie alle Storie

Oltre ai post con video e foto, puoi usare le storie su Facebook e Instagram per interagire virtualmente con i clienti nuovi ed esistenti in modo personale.

Condividi contenuti autentici, fai annunci, incoraggia le persone a visitare il tuo sito web e mostra i momenti del dietro le quinte per continuare a coinvolgere la tua community.

L’esempio di UPPA:

Risorse Utili.

Per concludere vogliamo lasciarti un paio di link dove puoi approfondire alcuni degli argomenti fin qui trattati.

Piattaforma delle risorse per le imprese
Una risorsa di Facebook for business.
In questa pagina potrai anche scaricare Toolkit per aiutare le piccole imprese a superare le situazioni difficili, un pdf di circa 60 pagine rivolto alle piccole imprese che devono affrontare questa emergenza.

Programma di sostegno per le piccole imprese
Sempre di Facebook for business.

Advertising, Trigger Point e comportamenti del consumatore ai tempi del COVID-19
Un nostro articolo del 17 marzo in cui analizziamo come la nostra comunicazione si debba plasmare in funzione dei cambiamenti di comportamento che stanno avvenendo nei consumatori in questo periodo di quarantena.

Conclusioni.

Se ti è piaciuto questo articolo ti chiediamo di aiutarci a diffonderlo.

Ci piacerebbe sapere cosa stai facendo tu per contrastare questo momento difficile.

Da Noiza crediamo che la condivisione di risorse e conoscenze sia la strada da seguire: oggi più di ieri e domani più di oggi, per rimanere uniti e aiutarci a vicenda.

Ed è proprio vero questo Proverbio Africano: “Se vuoi arrivare primo, corri da solo; se vuoi arrivare lontano, cammina insieme.”

Ogni tuo consiglio, anche se può sembrarti banale, può essere uno spunto prezioso per qualcun altro!
Ci contiamo 🙂


L’autore:
Emanuela Incarbone è consulente di digital marketing a Trieste e collaboratrice di Noiza per progetti di Social media marketing.

Il modello di attribuzione di Google Analytics per canale

Quante volte ci siamo chiesti come sia possibile che da Facebook vediamo 50 conversioni e da Google Analytics solo 3?

Il modello di attribuzione di visite e conversioni di Google Analytics è da sempre al centro del dibattito. Specialmente tra agenzia/advertiser e clienti.

Nello specifico, il più delle volte vengono valutati specifici canali di marketing solo esclusivamente per numero di conversioni totali o CPA basandosi sui dati di Google Analytics, il che va a premiare certi canali (per esempio Paid Search o Email) a discapito di altri (per esempio Social o Display).

Molti canali vengono quindi svantaggiati in questo tipo di misurazioni: i canali che lavorano maggiormente upper funnel infatti tendono a portare, secondo Google Analytics, molte meno conversioni rispetto a quelle conteggiate dalle loro piattaforme.

I principali canali di Google Analytics
I principali canali di Google Analytics come rappresentati nella sezione Acquisizioni

Nello specifico ecco una breve descrizione dei principali canali di online marketing:

Canali upper funnel

Social

Il canale Social è particolarmente efficace in upper funnel, cioè nel cercare nuovi potenziali clienti che ancora non conoscono il brand; solitamente è orientato a individuare nuovi potenziali clienti che ancora non hanno nessun interesse o conoscenza del prodotto pubblicizzato; essi quindi verranno sfavoriti dal conteggio di conversioni di Google Analytics, per motivi che vedremo più avanti.

Esempio di inserzione su Facebook
Esempio di inserzione su Facebook

Ma negli ultimi anni, i canali Social si sono orientati sempre di più a coprire tutto il funnel. Per ottenere questo risultati, Facebook e competitor hanno lavorato molto sulle capacità di targeting di audience calde, permettendo un retargeting basato su comportamenti anche molto specifici (tempo trascorso sul sito, prodotti visualizzati, etc). Hanno così creato prodotti pubblicitari sempre più orientati alla conversione finale come i Dynamic Product Ads.

E se volete approfondire la questione, potete leggere le nostre case history dedicate a Benetton e a Velux che esemplificano molto bene un approccio social full funnel.

Display

Anche le piattaforme di display programmatic (banner, native e video) vengono sfavorite da Google Analytics. Trattandosi di tipologie pubblicitarie che si basano molto di più sul post-view che sul post-click, spesso non vengono proprio considerate da Analytics. A breve vedremo il perché.

L’unica eccezione in ambito programmatic è quella delle piattaforme di retargeting, come Criteo e AdRoll, che invece tendono a venire premiate da Analytics (anche questo lo vedremo più tardi).

Esempio di display banner
Esempio di display banner
esempio di inserzione video su Youtube
Esempio di inserzione video su Youtube
esempio di inserzione Native
Esempio di inserzione Native

Canali lower funnel

Paid Search

Questo canale invece viene frequentemente premiato da Google Analytics in quanto opera principalmente nel lower funnel, cioè ha come target utenti che già conoscono il brand, avendolo cercato nei motori di ricerca. Quindi è molto probabile che porti la maggior parte delle conversioni.

esempio di inserzione Paid Search
Esempio di inserzione Paid Search

Email

Questo canale lavora solo esclusivamente con pubblici “caldi”, in quanto l’utente ha già effettuato una sottoscrizione alla mailing list del sito, ed è quindi molto vicino all’effettuare una conversione.

Esempio di email marketing
Esempio di email marketing

Canali organici

Organic search

Questo canale rappresenta la ricerca organica del prodotto; è molto probabile che porti buona parte delle conversioni, poiché in molti scenari questo è l’ultimo click prima della conversione. Per esempio, quando un utente si è deciso ad acquistare un prodotto, digita il nome del brand nella barra di ricerca di Chrome, apre il sito dalla SERP e acquista (cioè l’utente che è ora convinto di acquistare il prodotto lo cerca organicamente prima di atterrare sul sito e comprarlo).

Direct

Rappresenta l’attribuzione di una conversione di un utente che digita l’URL del sito nella barra degli strumenti per atterrare nel sito. Anche questo canale organico è molto premiato da Google Analytics in quanto l’utente conosce bene il prodotto, avendo digitato l’URL.

Modello di attribuzione standard di Google Analytics

Vediamo ora con degli esempi perché Google Analytics attribuisce le conversioni maggiormente ai canali lower funnel rispetto a quelli upper funnel. La differenza sta principalmente in 4 punti fondamentali.

1) Last click attribution (altro canale)

Google Analytics riconosce solo il canale che ha ottenuto l’ultimo click prima della conversione. Ad esempio vedo un inserzione Benetton su Facebook, ci clicco, faccio un tour del sito e infine metto il prodotto in carrello. Dopo qualche ora vedo un inserzione di Criteo (con il prodotto in carrello) e ci clicco su e converto.
Secondo il modello di attribuzione di Google Analytics la conversione è del canale Display, in particolare di Criteo

2) No Post View

Google Analytics non è in grado di registrare conversioni avvenute senza un click precedente; per esempio vedo un’inserzione di Lazzari su Facebook, non ci clicco, ma il giorno dopo vado direttamente su sito di Lazzari cliccando su una inserzione di Google Ads sulla rete di ricerca.
Secondo il modello di attribuzione di Google Analytics la conversione è del canale Paid Search.

3) No Cross Device

Google Analytics utilizza i cookies, quindi non è sempre in grado di riconoscere le differenti device. Ad esempio vedo dall’iPhone in ufficio un prodotto di Eden Viaggi da un video di Youtube, ci clicco e aggiungo il prodotto al carrello. Poi una volta a casa, vado dal laptop sul sito di Eden Viaggi (cercandolo da Google) e converto.
Secondo il modello di attribuzione di Google Analytics la conversione è del canale Organic Search

4) Browser differente

Sempre per il discorso di cookies, Google Analytics non riconosce la conversione se primo click su un browser e conversione su un altro.
Per esempio clicco su un display banner su Chrome e poi converto con Explorer digitando direttamente l’URL.
Secondo il modello di attribuzione di Google Analytics la conversione è del canale Direct.

Considerazioni

Per poter quindi valutare correttamente la performance dei canali è consigliato:

  1. Cambiare il sistema di attribuzione da last click a un altro modello.
    Esistono diversi tipi di modelli di attribuzione di Google Analytics: per esempio primo click oppure decadimento temporale.
  2. Analizzare le conversioni indirette.
    Le conversioni di un canale vengono conteggiate anche se esso ha contribuito a un solo click indifferentemente in che punto del percorso alla conversione dell’utente.

    rappresentazione delle conversioni indirette su Google Analytics
    Rappresentazione delle conversioni indirette su Google Analytics
  3. Considerare nell’analisi altre metriche oltre alla conversione finale.
    Come per esempio Utenti/Nuovi utenti o visite a schede prodotto/carrelli; i canali upper funnel sono fondamentali per portare nuovi utenti al sito che poi potranno essere targhetizzati dagli altri canali del Lower funnel.

Concludendo, adattare e comprendere la funzione principale di ogni canale è fondamentale per avere una pianificazione sana e corretta della nostra strategia di online marketing.

I canali adibiti principalmente all’upper funnel dovrebbero avere maggiormente obiettivi di Awareness and Engagement piuttosto che di Conversions.

Viceversa l’obiettivo Conversion è fondamentale per i canali lower funnel per poterli ottimizzare in maniera ideale.

Esempio di principali aziende divise per canale con rispettivi obiettivi di marketing
Esempio di principali aziende divise per canale con rispettivi obiettivi di marketing

Advertising, Trigger Point e comportamenti del consumatore ai tempi del COVID-19

Qualche giorno fa insieme a Enrico Marchetto abbiamo preparato la sua diretta streaming durante l’evento Marketers: un pomeriggio dedicato a un confronto sul marketing a una settimana dal lockdown totale da Coronavirus.

Lo diretta la potete trovare qui:

Di cosa parleremo? Di Advertising e Trigger Point, ma anche di come la produzione di contenuti debba venir riprogettata, per essere maggiormente flessibile e rimodulata in funzione dei cappelli che le persone indossano in un dato momento. Non mancheranno esempi concreti di Ads e un’occhiata ad Amazon.


La situazione che stiamo vivendo è qualcosa di inaspettato e unico nel suo genere. La reclusione forzata sta portando enormi problematiche non solo dal lato personale/sociale ma ovviamente anche a livello economico. Dal punto di vista del marketing e della comunicazione, tuttavia, questo momento può diventare un punto di svolta per un cambio di paradigma. Adottare un nuovo mindset per superare pregiudizi e abitudini che, forse, per pigrizia o per il semplice fatto che siamo troppo immersi nella nostra routine quotidiana, ci hanno bloccati per troppi anni.

Sapete come l’abbiamo chiamato qui in agenzia? Disperato entusiasmo.
Disperato perché nessuno mai avrebbe voluto affrontare una situazione del genere, ma che ha liberato un entusiasmo unico.

Tuttavia, limitando il ragionamento ad alcuni risvolti nella società attuale, ha fornito a moltissime persone un grande entusiasmo nell’affrontare questa sfida difficile. Stiamo realmente capendo che ci sono numerosi strumenti e opportunità per migliorare il nostro business (per esempio lo smart working), sia in termini di quantità e qualità.

In questi giorni molti professionisti e addetti ai lavori stanno, più o meno consapevolmente, adottando un nuovo approccio che ovviamente tocca anche l’advertising. E ancora una volta, uno dei concetti chiave è il Trigger Point.

Concetto di Trigger Point in advertising

Il concetto di Trigger Point, preso in prestito dalla medicina cinese, si riferisce a un punto di attivazione, un elemento in grado di smuovere la nostra attenzione, stimolando le nostre emozioni. Quindi un qualcosa, nel nostro messaggio, che colpisca il nostro pubblico, lo incuriosisca e lo faccia (inter)agire.

Un esempio concreto su un nostro cliente può rendere meglio il concetto.

Uppa - come si lavano i denti ai bambini?

UPPA (Un Pediatra Per Amico) ha come obiettivo primario la creazione di contenuti in ottica SEO. Alla domanda consapevole del target, spesso affidata ai motori di ricerca, ci devono essere dei contenuti abili a scalare il ranking e quindi essere visualizzati nella SERP.

Da questo punto di vista, l’obiettivo è stato raggiunto con l’articolo in questione.

Ma nel mondo omnichannel in cui siamo quotidianamente immersi, ragionare solo per Google è sbagliato. Bisogna anche capire come si ragiona sui social e quindi adattare i contenuti di conseguenza.

Ecco quindi il concetto di domanda latente. Le persone su Facebook non sono, nella maggior parte dei casi, attive nella ricerca. Sono sul feed per svago, cercano di rilassarsi, accedono alle IG Stories per divertirsi e per sgomberare la mente.

Ecco allora che il nostro messaggio deve essere differente, o almeno parzialmente differente.

“Come si lavano i denti ai bambini?” adotta questa linea grazie al punto di domanda finale.

Il trigger Point è presente in questo caso, c’è uno stimolo, un pizzicotto emotivo. Sta a significare che non si tratta di un tutorial, ma c’è qualcosa in più, scatena una domanda interna:

Siete davvero sicuri di lavare bene i denti ai bambini?
Non è meglio capire, comunque, se state seguendo le indicazioni scientifiche su come lavare i denti ai bambini?

Quando facciamo il contenuto oggi, non dobbiamo solo pensare alla distribuzione Google-SEO ma anche dal punto di visto social. Il punto di domanda lavora proprio su questo: sull’incertezza, sul dubbio, sulle emozioni.

Ma cosa c’entra questo con l’advertising in questo momento del Coronavirus?

Che bisogna innanzitutto riprogettare la nostra produzione di contenuti.
Spesso le aziende lavorano con qualche mese di anticipo sui famosi piani editoriali, scegliendo quali contenuti fornire al nostro target. Vengono definite le buyer personas e su queste caratteristiche si produce il messaggio migliore possibile.

Oggi tutto questo non può funzionare! Perché? Pensiamoci bene.
La mente delle persone, in questi giorni, è occupata dall’emergenza che di conseguenza cambia anche i loro comportamenti.

Ecco le ricerche effettuate in Italia per la parola Coronavirus negli ultimi 90 giorni, secondo Google Trends. Dal 23 febbraio c’è stato il picco assoluto.

Inoltre, non è un caso che le testate giornalistiche online hanno avuto un boom di accessi e Netflix stia crescendo.

Per comunicare con il nostro pubblico, e quindi utilizzare un trigger point, è necessario adattare i contenuti. Anziché piani editoriali è meglio lavorare su tracce editoriali, da non fare due mesi prima, ma una sorta di linee guida che ci permettono di riconvertire la pianificazione di contenuti in maniera veloce e reattiva.

La conoscenza del pubblico e le maschere

Un altro dei concetti di partenza deve essere sempre la (profonda) conoscenza del pubblico.

La routine uccide il rapporto tra l’advertising e il suo tempo reale. Con il COVID-19 ti devi allontanare dal tuo modus operandi di attività seriali, ma ti devi adattare al momento.

Quindi non basta solo conoscere il proprio target di riferimento, ma conoscerlo qui e ora.

Non quindi l’archetipo della tua strategia, ma la persona in questo momento che sta indossando uno dei 100 cappelli che indossa ogni giorno.

L’adv deve orientarsi a uno di questi cappelli, quello indossato in quel momento e attraverso trigger point scatenare interesse ed emozioni.

Esempi di Social e Adv

Ecco alcuni esempi concreti che possono racchiudere tutti i concetti espressi in precedenza.

UPPA

Incontro al trigger point del momento.

Uppa - la salute dei bambini durante l'epidemia di COVID-19

Cosa devo sapere sul COVID-19 riguardo ai bambini?

Illy

Orientati alle vendite a casa. Se resti a casa, di sicuro non smetti di bere caffè. Quindi orientamento alla delivery.

Illy - consegna gratuita

Come posso acquistare gli alimenti ora che sono in quarantena?

Velux

Oggi non decido di mettere su una finestra. Ma se lavoro sulla domanda latente, gli utenti possono comunque recepire importanti messaggi. Posso agire sul concetto di smart working e cosa succede quando rimaniamo a casa. Ecco i contenuti editoriali sul trigger point momento. Logicamente smetto un’attività orientata alla conversione e vado verso gli utenti.

Come posso rendere la mia casa più abitabile in una situazione di reclusione forzata?

Scuole yoga/palestra/lingua lezioni online

La palestra deve chiudere quindi uso FB per dirette così da tenere fidelizzata la community. La scuola di inglese può offrire online i webinar.
Pur non essendo Adv, questi sono esempi di come si possa convertire la pianificazione editoriale per le esigenze di questo nuovo frame.

Come posso sfruttare questo tempo a casa e rimanere in forma?

Come posso continuare a formarmi?

E cosa succede su Amazon?

Un termometro assolutamente interessante, in grado di misurare la temperatura dei consumatori, è Amazon. Volevo capire quali sono i prodotti più acquistati in questo periodo, dividendoli per categorie merceologiche. Ancora una volta, è evidente come le persone si adattano velocemente alla realtà.

Elettronica

Ed ecco al primo posto l’oggetto di cui tutti oggi, professionisti e non, sembrano avere necessità: la cuffia con microfono.

Giochi

Oggetti utilizzati fino a poco fa per feste come Carnevale diventano essenziali in questa emergenza. Le mascherine acquisiscono nuovo valore e dominano la classifica Top Ten di Giochi e giocattoli.

Giardinaggio

Nel settore giardinaggio spopolano le bandiere italiane. Un rinnovato patriottismo sembra diffondere in tutta Italia ma è la logica conseguenza di quanto sta succedendo nella realtà. Da notare come le percentuali di crescita siano assolutamente significative.

Attenzione alla prima bandiera: è solamente una preview del prodotto e non si riferisce alla Germania.

Abbigliamento

Italiani e moda, un binomio vincente. Ma la situazione può cambiare anche questo. Adesso si privilegia la comodità e al primo posto nella categoria abbigliamento troviamo una comodissima tuta sportiva.

Cose da ricordare

Le maschere del nostro target

Non legarsi troppo al concetto di buyer persona ma comprendere i cambiamenti della realtà e come questi influenzino le persone e i loro comportamenti.

Tracce editoriali

Un approccio agile e smart è l’avere predisposte delle tracce editoriali, quindi linee guida per la creazione di contenuti capaci di adattarsi al momento, alle maschere del nostro pubblico e alle opportunità del mercato.

Trigger Point

Se volete approfondire la questione dei Trigger Point, se ne parla a lungo nel libro di Enrico che potete trovare qui. Sul nostro blog invece potete leggerne l’introduzione.

Enrico Marchetto, Facebook e Instagram - Strategie per una pubblicità che funziona, Apogeo Editore.

Facebook e Instagram — Strategie per una pubblicità che funziona

Giovedì 14 novembre esce il mio libro su Facebook e Instagram

“Orpo, l’ennesimo libro su Facebook e Instagram?”

Sì, è decisamente un mercato denso di offerta di contenuti. Un po’ perché va di moda, un po’ perché secondo me abbiamo sviluppato in Italia un ottimo livello di conoscenza ed è giusto che ognuno racconti il proprio approccio.

Nel libro ho provato a essere il più onesto possibile, raccontandovi in prima persona l’approccio alla materia.

Questa è l’introduzione al libro e se volete acquistarlo online, lo trovate qui.

 

***

Il libro che state per leggere racconta in prima persona la mia vita di advertiser e racconta di molti dei casi concreti di cui mi sono occupato io con la mia agenzia, Noiza.

Vi mostra i ragionamenti, le analisi, gli approcci alla materia nel modo più sincero (pure troppo) possibile, perché l’obiettivo è anche quello di portarvi nel mio dietro le quinte, con la presunzione che sia interessante e utile per migliorare le vostre performance.

A cosa serve un libro come questo? La speranza più grande è che vi faccia risparmiare un bel po’ di soldi, e ve ne faccia guadagnare tantissimi.

Evitando gli errori più grossolani, perché quelli li ho già fatti io e voi ve li potete risparmiare, provando a investire nel modo più corretto possibile.

Pensatelo come il libro di uno che ha passato gli ultimi 10 anni della propria vita a fare solo questo: investire un sacco di denaro su Facebook e Instagram e confrontarmi con colleghe e colleghi su come farlo al meglio. E adesso non vedo l’ora di raccontarvelo.

Vi chiedo solo una cortesia, ma non prendetela come una stramberia: prima di iniziare la lettura andate a dare un’occhiata alla postfazione di Alessandra Farabegoli nelle ultime pagine di questo libro. In poche righe c’è l’essenza del mio (nostro) approccio, una sorta di promessa che facciamo con voi lettrici e lettori di non fornirvi mai soluzioni ma di aiutarvi nel ragionamento su Facebook e Instagram. E una volta letta, fatemi sapere se ho rispettato questo patto.

Il libro comincia dalle cose facili, apparentemente basilari: per esempio, come fare pubblicità per una gelateria sui social. Ma le basi di una materia sono meravigliose perché ti fanno scoprire l’essenza delle cose e, anche quando si complicano, ti accorgi che comunque l’essenza rimane immutata come il DNA.

E quando ti trovi a gestire la pubblicità di un colosso come Benetton, non riesci a non pensare che quel meccanismo l’avevi progettato uguale uguale, quando ti occupavi di gelati e panna montata.

Nelle parti centrali scoprirete che l’ideale per cominciare a fare advertising è il proprio pubblico, qualcuno che è già cliente o che gravita attorno alla nostra azienda.

Solo allora impareremo bene ad allargare lo spettro del target, a raggiungere nuovo pubblico e proveremo a farlo nel modo più sostenibile possibile.

E al capitolo 4 vi arriverà un buffetto, un leggero pizzicotto per svegliarvi e accompagnarvi a riflettere su come i vostri post su Facebook e Instagram…facciano un po’ schifo.

Negli ultimi capitoli la lettura si farà più tecnica perché non posso tradire la mia natura ossessivo-compulsiva nel vedere migliorare ogni giorno le performance della pubblicità online con ottimizzazioni costanti. E le ottimizzazioni vi faranno sudare.

Ci sarà spazio anche per un’intervista che ho fortemente voluto ad Alessandro Gargiulo, perché quando si parla lanciare un e-commerce non potevo non chiamare in causa una delle belle più belle esperienze di marketing orientato alla vendita a cui io abbia mai assistito.

Poi ci sono 3 paginette finali che parlano di Instagram. Sì, solo tre e non sto scherzando.

Ma non vi agitate, è tutto sotto controllo.

 

***

Apogeo ha organizzato a Milano, alla Fondazione Feltrinelli, un corso di Facebook Marketing, il 27 novembre. Un’intera giornata dedicata a Facebook, Instagram e alla pubblicità che funziona. Se vuoi curiosare, questo è il programma del corso.

Il sistema di donazioni per UNHCR: come lo abbiamo ripensato

La propensione all’acquisto online è in fortissima crescita. Le abitudini degli utenti si sono modificate in fretta grazie a numerosi fattori: semplificazione dei processi di pagamento, digital wallet per tutti i gusti, transazioni sempre più agevoli e rapide. Insomma, fare acquisti e pagamenti online è diventata un’abitudine comune per molti.

Questa abitudine a inviare denaro e pagamenti online si sta riflettendo in maniera significativa anche su un altro ambito: quello delle donazioni online, anch’esso in forte aumento.

Le organizzazioni non profit che lavorano nell’ambito della solidarietà sono consapevoli di questa enorme opportunità e nel corso degli ultimi anni si è visto un notevole impegno nel design, o redesign, di form di donazione con una particolare attenzione all’esperienza e al percorso dell’utente.

Il modulo di donazione originale, punto di partenza per il redesign.

Nell’ambito della nostra collaborazione con UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) abbiamo lavorato al redesign del loro form di donazione.

Nel corso di più di un anno abbiamo affrontato temi di vario genere: aspetti tecnologici legati alle transazioni, l’esperienza dell’utente che vuole donare, l’esperienza dell’editor che deve impostare una campagna di acquisizione. Vediamone i principali.

Il modulo rivisto completamente. In grande evidenza i bottoni di scelta dell’importo. (Large preview)

Redesign grafico

La necessità primaria dal punto di vista di layout è stata di rendere più efficace la comunicazione degli ask ovvero gli importi di donazione richiesti agli utenti. Associare un importo a un impegno ben preciso ha un effetto importante sul donatore che può rendersi conto del beneficio reale che la sua donazione potrà avere. Ad esempio 160 euro di donazione singola possono assicurare dell’acqua potabile a 20 bambini rifugiati.

Abbiamo implementato un sistema di icone ufficiali delle Nazioni Unite per le attività umanitarie di recente pubblicazione. Questo rende coerente l’esperienza sul sito con tutta la comunicazione ufficiale UNHCR.

Dettaglio dei bottoni di scelta. La maggior urgenza viene veicolata tramite un’etichetta dedicata.

La frequenza delle donazioni è stato un altro tema delicato: la divisione tra donazioni singole e regolari e l’ulteriore distinzione tra regolari mensili e regolari annuali è stato il risultato di un ragionamento approfondito rispetto alla semplificazione, eliminando concetti come trimestrale, semestrale che potrebbero risultare di non immediata comprensione. Particolare cura è stata data alla chiarezza espositiva, evitando così eventuali dark patterns – cioè interazioni progettate per indurre in errore gli utenti per fargli compiere un’azione che non vogliono fare – o formulazioni poco chiare che potessero interferire con la volontà di donazione dell’utente.

Animazione che evidenzia le differenti modalità di frequenza della donazione, ognuna con importi dedicati.

Particolare importanza ha avuto la possibilità di definire, per ogni tipo di donazione, quella ritenuta più urgente. Chi gestisce il sito ha così modo di “spingere” gli utenti in maniera più marcata verso una donazione di uno specifico importo.

Ogni campagna è una Landing Page

Nel ripensare la pagina della singola campagna abbiamo adottato una logica di landing page modulare. Con landing page intendiamo una pagina web costruita attorno all’obiettivo della conversione: la riduzione dei punti di uscita dell’utente dalla pagina, una call to action chiara ed evidente e un percorso semplificato sono funzionali al raggiungimento dell’obiettivo. In questo modo viene ridotta la frizione e vengono favorite le conversioni.

Nel caso di UNHCR abbiamo voluto dare la possibilità agli autori dei testi di essere autonomi: la procedura per la creazione delle landing page è modulare e permette di assemblare secondo le esigenze del caso la pagina stessa.

Esempi di layout delle pagine di donazione
Diversi layout di pagine di donazione, totalmente in controllo dell’autore dei contenuti.

In quest’ottica, oltre agli aspetti relativi all’esperienza utente abbiamo lavorato anche per semplificare il lavoro di chi si occupa della creazione della pagina, che in gergo si definisce editor. Abbiamo scelto di dare all’autore del testo della campagna una notevole flessibilità editoriale, con la possibilità di scegliere tra numerosi layout distinti per quanto riguarda la testata, comprensivi di video in background o immagini full screen. Inoltre può scegliere tra numerosi blocchi di layout all’interno del corpo del testo principale.

Testate video
L’editor ha una grande flessibilità editoriale: in questa immagine abbiamo due tipologie di testata che possono essere utilizzate per mettere in risalto un video.

Sviluppo tecnologico

Sono stati numerosi anche gli interventi che abbiamo effettuato a livello tecnologico: il sistema di donazione si interfaccia direttamente con un CRM terzo che permette la gestione avanzata di tutti gli aspetti relazionali. La tokenizzazione delle carte di credito permette il pagamento degli importi regolari mantenendo la totale sicurezza degli account utente.

L’approccio modulare, l’utilizzo di software open source e la definizione di un design system portano a due risultati. Il primo immediato: l’esperienza utente è più piacevole e le conversioni aumentano. Il secondo è di garantire la possibilità di evoluzioni e integrazioni future, con un orizzonte temporale più ampio.

Approfondimenti

Collaboriamo con UNHCR dal 2017.

Oltre al sistema di donazioni, nel 2017 in occasione della Giornata del donatore, abbiamo sviluppato il sito withrefugees.unhcr.it dedicato all’evento (leggi l’articolo sul nostro blog).

Nel 2019 invece UNHCR ci ha incaricati di sviluppare il concept per la creazione di un regalo digitale dedicato ai donatori regolari nel giorno del loro compleanno (leggi l’articolo sul nostro blog).

Dietro le quinte: un sito del 2013 trasformato e preparato per il web del 2020

Com’era il web nel 2013?

Nel 2013 siamo agli albori della responsività. Qualche utente comincia ad avere lo smartphone e a navigare il sito da mobile, ma parliamo di numeri marginali. Per capirci: quasi nessuno ancora conosce la parola “selfie” (dovremo aspettare appena i premi Oscar del 2014 con il twittatissimo selfie di Ellen).

Nessuno effettua acquisti su Amazon da telefono, e il mio Nokia a conchiglia (il 2760) non sembra ancora perdere un colpo.

Il flat-design, lanciato (una volta tanto!) da Windows con il suo Windows 8, va per la maggiore.

Quarantenni e cinquantenni sono quasi del tutto assenti da Facebook.

Gli utenti non sono ancora così abituati a scrollare.

Il 4g è un lontano miraggio.

Le pagine non sono lunghe, pesano poco, e sono tante. Tutte organizzate in numerosi contenitori che strutturano la navigazione del sito.

E il 2013 è infine l’anno in cui il sito da cui partiamo per questo refactoring viene messo online.

Officina Pittini per la Formazione: il nostro caso studio

Officina Pittini per la Formazione è la corporate school del Gruppo Pittini.

Nata nel 2003 esclusivamente come scuola aziendale, nel 2004 si apre al territorio: diventa ente accreditato dalla Direzione Formazione della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e promuove percorsi formativi per privati e aziende.

In seguito a un importato progetto di rebranding, il Gruppo Pittini nel 2018 decide di rinnovare la propria presenza sul web. Noi di Noiza siamo stati incaricati di ridisegneare l’intero ecosistema di siti del gruppo. Così dopo la messa online del sito corporate, del blog (e di tanti altri ancora), nel 2019 ci siamo occupati di Officina Pittini per la Formazione.

In questo articolo illustriamo l’approccio adottato per lo sviluppo del sito, ripercorrendo il processo di redesign dell’elemento centrale del progetto: la pagina di un corso di formazione che potete vedere nella sua interezza qui.

Secondo le analytics del sito, nel 2015 solo il 9% degli utenti visita il sito da mobile. Nel 2019 quest'ultimi crescono del 30%
Tra il 2015 e il 2019 le visite al sito “Officina Pittini per la Formazione” effettuate da telefono registrano un incremento del 30%.

Concluse queste doverose premesse, possiamo cominciare con il nostro redesign: via!

Sidebar

Per prima cosa vogliamo togliere un po’ di distrazioni, ovvero tutti quegli elementi “di contorno” rispetto al contenuto principale, e che potrebbero farci abbandonare la pagina. Cerchiamo di trattare la pagina del corso come fosse una landing page: autoconclusiva, in un certo senso indipendente dal resto del sito, focalizzata sull’iscrizione.

Possiamo quindi rimuovere tranquillamente la sidebar — da mobile in ogni caso non avrebbe senso mantenerla — che rimanda a tutte le altre categorie del catalogo corsi.

Per cominciare rimuoviamo la sidebar: riduciamo così le distrazioni e ci liberiamo di un elemento molto scomodo per lo sviluppo mobile del sito.

Titolo e immagine di apertura: benvenuti sul nostro corso!

Ora vogliamo mantenere l’enfasi del titolo liberandoci al tempo stesso delle lettere maiuscole e di quel box arancione che lo ingabbia: spostiamo il titolo sopra l’immagine.

Diamo più importanza alla foto: facciamole prendere l’intera larghezza del browser.

Spostiamo il titolo in pole-position. Facciamo occupare l’intera larghezza del browser alla foto.

Aggiungiamo un breve paragrafo introduttivo che sintetizzi in tre righe il contenuto del corso. Vogliamo aiutare l’utente a capire in pochi secondi se è proprio questo il corso che fa per lui.

La pagina conterrà numerose informazioni. Stimiamo che tra il titolo e il form di iscrizione al corso ci saranno circa 3000 pixel di distanza. Decidiamo quindi di inserire una call to action in apertura: questo tasto permette a tutti i visitatori, che per esempio hanno già visitato la pagina, di saltare direttamente al form di iscrizione.

L’apertura della pagina, così ridisegnata, è composta da: un titolo; un breve testo introduttivo che contestualizza il corso; una call to action che permette di saltare direttamente al form di preiscrizione; e una hero image.

Informazioni chiave: per l’utente che va di fretta

Ora vogliamo selezionare le informazioni chiave, solo le più importanti, ed evidenziarle. Vogliamo che il visitatore possa farsi un’idea del corso in un batter d’occhio. Durata, costo e scadenza per l’iscrizione ci sembrano tre ottime candidate.

Sovrapponiamo parte di questo box con l’immagine per farlo saltare fuori. Un po’ di ombra può aiutare.

Sovrapponiamo il box “informazioni chiave” con la hero image per farne risaltare il contenuto.

The long text e come strutturarlo

Ora è arrivato il momento di inserire un bel po’ di testo. Il nostro obiettivo? Facilitare la lettura al visitatore. Quello che dobbiamo evitare è di creare un blocco di testo uniforme e lunghissimo privo di qualsiasi àncora per gli occhi.

L’assenza della sidebar ci permette anche di ingrandire leggermente il testo e di allungare di qualche decina di pixel la lunghezza della linea cercando di non superare i 70–75 caratteri per riga. Per migliorare ulteriormente la leggibilità aumentiamo di qualche pixel anche l’interlinea.

Inseriamo i primi tre paragrafi accompagnati dai titoli: Prerequisiti, Destinatari, Costo e numero dei partecipanti.

Inseriamo i primi tre paragrafi di testo.

Prima di continuare un attimo di pausa. Dobbiamo inserire i “contenuti” del corso. Un elenco puntato con 11 voci ricche di sigle e informazioni specifiche: un contenuto molto denso e di difficile lettura.

Cerchiamo di accorpare alcune voci creando quattro sezioni accompagnate da frasi più discorsive e meno tecniche.

Ora sicuramente il testo è più fruibile, ma allo stesso tempo abbiamo rinunciato ad alcune informazioni. Per rendere nuovamente completa la sezione, aggiungiamo un tasto che permetta di scaricare il programma. Il tasto ha una funzione secondaria rispetto al nostro obiettivo primario, che rimane la preiscrizione al corso. Con questo in mente, andiamo a togliere un po’ di enfasi al tasto: rimuoviamo il riempimento e lasciamo solo il contorno.

Per ultima cosa, differenziamo questa sezione della pagina lavorando con il colore del background e dei testi.

Trasformiamo l’elenco puntato: accorpiamo le sue voci in quattro sezioni accompagnate da frasi più discorsive e meno tecniche.

Non solo testo, ma anche FAQ

Abbiamo inserito il testo, tanto testo. Eppure manca ancora qualcosa: il menù principale del sito di partenza, riporta la voce FAQ. Apriamo la pagina e troviamo un sacco di informazioni utili all’utente che vuole iscriversi al corso: decidiamo di inserire anche queste informazioni all’interno della pagina corso.

La pagina Faq del vecchio sito contiene preziose informazioni per l’utente. E non vogliamo assolutamente perderle.

In questo modo però stiamo creando della ridondanza: all’interno di ogni singola pagina corso avremo le stesse “domande frequenti”.
Ma i pro sono maggiori dei contro: le pagine dei corsi possono essere pensate come delle landing page.
Ogni corso potrebbe essere condiviso sui social e vivere di vita propria senza dipendere dal resto del sito. Ciò che a prima vista poteva sembrare una ridondanza è quindi un modo per fornire all’utente le informazioni complete del corso in un unico posto. In unica pagina. E minimizzare la navigazione interna è buon modo per abbattere lo sforzo cognitivo dell’utente.

È corretto farsi dubbi di questo tipo. Ricordiamo la centralità del comportamento dell’utente e del suo percorso, il cosiddetto user journey. Se volete approfondire la cosa vi consiglio questo nostro altro articolo.

Un’altra buona notizia: ora che le FAQ sono inserite all’interno del corso, possiamo rimuovere la voce FAQ dal menu.

Inseriamo le Faq all’interno della pagina del corso. La pagina comprende così tutte le informazioni utili per il visitatore.

Tagliamo il traguardo: il form di prescrizione

Siamo finalmente giunti alla sezione dedicata all’iscrizione al corso.

Il form della vecchia pagina Corso nascosto all’interno di un accordion.

Prima cosa: davvero non ci serve nascondere un form all’interno di un accordion. Anni fa, come abbiamo già detto all’inizio, c’era questa paura di avere delle pagine troppo lunghe. Ora invece scrolliamo. In media 100 metri al giorno. Ovvero l’altezza della Statua della Libertà. Adoriamo scrollare.

Il vecchio form è molto lungo, ma gran parte dello spazio è occupato da informative per la privacy e simili. La call to action principale “invia” non è molto evidente.

Tendenzialmente preferisco avere i campi input del form uno sotto l’altro. Sono più facili da scansionare per l’occhio dell’utente. Tuttavia alcuni campi come nome e cognome sono correlati tra loro e possono stare sulla stessa riga. Lo stesso per email e telefono. Il form così è più compatto e l’utente può visualizzarlo nella sua interezza.

Quello che invece trovo molto utile è definire la lunghezza dei campi-input in base alla lunghezza del testo che dovranno ospitare al loro interno. Un campo cognome sarà molto più lungo di un campo numero civico, ma più corto di un campo email.

È sicuramente un dettaglio, ma aiuta l’utente a compilare il form in modo più naturale.

Ridisegnamo i campi-input in base al contenuto che devono ospitare

Rimuoviamo tutti gli articoli sulla privacy. Ci basta inserire una breve riga di testo con un link alla pagina completa della privacy. In questo modo riusciamo ad avvicinare il tasto di iscrizione al form.

Rendiamo più evidente la call to action. Cambiamo il colore e la dimensione del font.

La call to action descrive appunto un’azione: sostituiamo il generico “invia” con un verbo più specifico e inerente: “preiscriviti”.

Rendiamo più visibile la call to action e sostituiamo il generico “invia” con “preiscriviti”

Conclusioni

Se volete visitare il sito di Officina pittini per la formazione fate click qui.
Qui invece trovate una delle pagine corso realizzate.
Qui invece il sito principale del gruppo Pittini.

Lavora con noi: digital advertiser

Chi stiamo cercando? Un/Una digital advertiser!

Che caratteristiche deve avere?

  1. Passione per i numeri e mentalità analitica perché dovrà gestire campagne di Facebook Ads (principalmente) e Google Ads
  2. Trattandosi di Ads, deve saper valutarne l’impatto sia da pannello Adv ma anche e soprattutto su Analytics
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  4. Capacità di scrivere report chiari e incisivi
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La retribuzione annua e la tipologia contrattuale saranno definite in base alla seniority del candidato.

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Preferiti · Maggio ’19: colore, prototipazione e design system per i vostri progetti web


Preferiti è la rubrica di Noiza che raccoglie articoli, post, podcast, video e quant’altro che più ci hanno colpito nel campo del web design. Una rubrica pensata anche per chi non ha tempo di leggere o semplicemente vuole staccare un po’, senza per forza concentrarsi su un testo. Detto questo, partiamo:


Colore

Nei lavori di UI Design mi ritrovo spesso a lavorare con colori già definiti da un brandbook o più semplicemente da un logo. Quando devo costruire una palette colori per un sito quindi non mi serve inventarne di nuovi. Quello che mi serve è creare un ampio range di tonalità dei colori già esistenti. E per farlo Palettte è il tool perfetto.

Steve Schoger realizza questa palette partendo dal colore del brand (l’azzurro al centro). A sinistra arriviamo a un blu scuro (quasi nero) ottimo per le parti testuali. A destra invece otteniamo un azzurro molto chiaro (quasi un grigio) che ben si presta per gli sfondi.

A prima vista Palettte può risultare un po’ complicato, ma con questa breve guida risolvete la cosa in pochi minuti.

L'interfaccia di Palettte: la web app per creare palette

Potrebbe esservi utile però un ripasso sul metodo di composizione dei colori HSB. Con l’HSB possiamo definire un colore attraverso tre valori: tonalità (Hue), saturazione (Saturation) e luminosità (Brightness).

Se invece vi trovate nella situazione di dover partire da zero, senza nessun colore di riferimento, allora Adobe Color mi sembra essere la scelta più saggia. Qui potete costruire la vostra palette, ma non solo. Potete perdervi tra le innumerevoli palette di tendenza già pronte.

Adobe Color CC: l'applicazione di Adobe per costruire delle palette colore

Per ispirarci ricordiamoci anche di Dribbble e della possibilità di filtrare i design per colore.

Dribbble colors: per filtrare i design in base al colore

Design system

Ho da poco finito questo libro che è una pratica guida per creare e progettare un Design System.

La copertina del libro "Design Systems - A practical guide to creating design languages for digital products

L’autrice, Alla Kholmatova, ne sa davvero un sacco: questo è il design System progettato da lei per Future Learn.

L'uso del colore nel design system di Futurelearn

Ma anche quello realizzato dal team di IBM è pazzesco.

Una schermata del design system di Ibm

Mockup e Prototipazione

Se siete a corto di immagini e dovete realizzare la pagina del team di un’azienda, utilizzate gli Joe Schmoes: una collezione di avatar illustrati da Jon&Jess da usare come placeholder per le immagini di profilo.

Joe Schome: la gallery di avatar

Scegliamo uno sfondo, un modello o un oggetto e creiamo una stock photo con la composizione che preferiamo grazie a Moose.

Moose e il suo editor fotografico per creare immagini stock personalizzate

Humaaans invece vi permette di mixare corpi, teste, pose e vestiti per creare le illustrazioni di personaggi perfette per il vostro design.

Humaaans

Quelli di App Design Tips, in questo video, vi suggeriscono i migliori plugin per Adobe Xd. Il mio preferito? Content generator!

Non siate brutte personas
(aka: Varie ed eventuali)

Una collezione di pattern in formato svg: ripetibili, customizzabili e pronti per l’uso.

Hero patterns

Le Personas sono delle persone immaginarie che rappresentano un utente ideale. Il concetto di personas nel web design è fondamentale, e “ci mette in condizione di dare subito delle risposte alle domande o di facilitare i percorsi cognitivi, risolvendo con semplicità e immediatezza le richieste degli utenti”.
Xtension vi fornisce un template molto accurato per creare le vostre Personas.

Un esempio di template per creare le vostre personas

Se volete aggiungere qualche extra tool alla vostra barra del browser, in questo articolo trovate le migliori estensioni di Chrome per i web designer.

WeLoveWebDesign è un account Instagram che giornalmente pubblica ottimi esempi di UI e UX design. E se volete mettervi in gioco, potete provare a inviare i vostri lavori.

La pagina Instagram di WeLoveWebDesign

Tutte le aziende amano Slack, e Noiza non fa eccezione. Il motivo? La possibilità di caricare un numero infinito di emoji custom con cui accompagnare ogni momento della vita lavorativa (anche qui: Noiza non fa eccezione!). Se non avete il tempo di farle in casa, qui trovate una gallery molto ricercata.

Personalizzate le vostre emoji di Slack

Facebook Advertising per il Turismo al BTO11

Sarà per il libro che ho scritto con Alessandra.
Sarà che sento di aver imparato un sacco di cose negli ultimi tempi.
Ma è un periodo che mi diverto parecchio a partecipare a convegni ed eventi in giro per l’Italia.
Di solito, sbagliando, non lascio traccia scritta di ciò che faccio come un articolo sul blog o qualche post su Facebook. Perché sono pigro e ho scarse velleità di fare del personal branding.

Per il BTO11 faccio un’eccezione.
E la faccio per il semplice motivo che non sono così soddisfatto del mio speech.
Ero in compagnia di due colleghe del calibro di Veronica Gentili e Alessandra Farabegoli, per una lunga cavalcata di un paio d’ore sulle migliori strategie online per il mondo dell’accoglienza turistica.

Il palco del BTO 11 di Firenze
Grazie a Verner Ferrato per la foto 😉

Non sono soddisfatto perché ho costruito uno svolgimento un po’ troppo complesso, a volte macchinoso, che forse era ben chiaro nella mia testa, ma che a distanza di qualche giorno non così convinto di aver reso al meglio.

E devo per forza riprenderlo, altrimenti mi sento in colpa.

Il tema generale è Strategie di Facebook Ads.
E gli argomenti che ho descritto sono principalmente quattro:

  • Delivery
  • Target
  • Placement
  • Always On, Learning, Full Funnel

Facebook Advertising: la delivery

Sono completamente ossessionato dalla distribuzione.
Perché è un concetto difficilissimo da far passare sia agli imprenditori che ai marketer.

Se andiamo a prendere la torta del traffico di una destinazione turistica, di un hotel, di una grande travel agency italiana, siamo di fronte sempre alle stessa tipologia di acquisizione: l’ingresso da search (indifferente che sia paid o organic) supera SEMPRE il 60% del traffico complessivo, con punte addirittura dell’80%.

l’ingresso da search supera sempre il 60% del traffico complessivo, con punte addirittura dell’80%.

Più della metà del tuo traffico arriva sempre da motore di ricerca e da domanda consapevole. E il tuo baricentro marketing ha un solo obiettivo quando si parla di domanda diretta: dare la migliore risposta possibile.

Se io hotel calcolo quali siano le mie 10–20 domande di mercato principali, rispondo all’80% delle esigenze del mio traffico in una perfetta disposizione paretiana.

E il mio hotel si deve concentrare su quelle discipline che migliorano la risposta:
a) rendendo il sito dell’hotel più semplice da trovare (SEO)
b) rendendolo più chiaro e strategico (User Experience)
c) Rendendolo il più esaustivo possibile (Content Marketing)

Tutto chiaro, quasi banale. Ma cosa accade in un contesto in cui la domanda non è così esplicita? Perché, a meno che non si tratti di un puro local business (tipo buttare un occhio su Facebook alla pagina del ristorante dove voglio andare a mangiare), all’interno dei social network difficilmente sviluppo dinamiche di domanda diretta in ambito travel.

In uno spazio social come Facebook si fa ancora fatica a comprendere che l’intero baricentro, come vi mostra una normalissima pagina di insight, va spostato sulla distribuzione del contenuto: guarda l’enorme differenza tra la copertura effettiva, quante persone raggiungete, e quante di quelle persone poi vengono a curiosare e a domandarsi “chi sono questi?” sulla vostra fanpage.

differenza tra la copertura effettiva, quante persone raggiungete, e quante di quelle persone poi vengono a curiosare

E il problema si fa ancora più complicato, perché una volta appurata l’importanza della delivery, vi accorgete che state raggiungendo persone profondamente distratte dal loro frame quotidiano su Facebook: persone che si stanno facendo allegramente i fatti loro.

Ulteriore problema: il vettore di comunicazione deve declinarsi in base alla distanza geografica del vostro pubblico dal punto di conversione.

Regola n1 per fare Facebook advertising: collocare geograficamente il tuo pubblico

Target

Più il target è lontano dal prenotare una camera o dal visitare la vostra destinazione, più la vostra distribuzione sarà complessa: come si comunica a un pubblico di sconosciuti?
Più è vicino, più parliamo con un pubblico famigliare. Ed è proprio dal pubblico più vicino che dobbiamo partire perché l’unico target con cui abbiamo già familiarità.

Per esempio possiamo andare a scoprire su Audience Insights che caratteristiche ha. Oppure possiamo aprire le Analytics e scoprire quale il contenuto più cercato dalla domanda diretta, magari scopriamo che le statistiche del sito web di Discover Trieste dicono che uno dei contenuti più cercati è “la bora”, il magico vento di Trieste.

Uno dei contenuti più cercati sul sito di Discover Trieste: la bora

E trasformando il dato in informazione, andiamo a fare una costruzione editoriale proprio in linea con questo dato.

Per esempio, usando un video di un pazzo che con uno skateboard e un telo di plastica si fa spingere nel vento sul lungomare triestino.

Fare skateboard con la Bora

Ma non basta.
Perché la domanda resta: a chi andiamo a distribuire questo contenuto?

Possiamo rivolgerci a un pubblico lavorando sugli interessi di Facebook per esempio sui “viaggiatori frequenti”.

Solo che Facebook ci dice «hey guarda che stiamo parlando di 27 milioni di persone» su 33milioni di italiani presenti su Facebook.
Oppure se ho un prodotto enogastronomico vado su pubblico “wine”, e anche lì ci troviamo di fronte a 14 milioni di persone.
Quanto vale questo target? Niente, perché è troppo indistinto.

Soluzioni:

  1. O scegliere interessi specifici quindi “Bolgheri Sassicaia” e non “Wine”
  2. Oppure, cosa che preferisco, cominciare lavorare su Audience Algoritmiche, ovvero le audience somiglianti, cioé create da Facebook a partire da una fonte affidabile.

Audience

Quindi il pubblico indistinto non esiste più.
Esiste solo un ultimo anello che è quello del tuo pubblico “somigliante” e non si oltrepassa mai quel confine nella targetizzazione.
Un’estremizzazione? Certo, ma ci aiuta concettualmente a definire dei confini numerici ben precisi, soprattutto se siamo strutture piccole che non dispongono di un gran budget per permettersi di raggiungere milioni di persone.

E un uso di una audience somigliante ci costringe anche ad attivare un mindset editoriale nuovo e diverso da prima: progetto un contenuto per avere una custom audience affidabile su cui poi generare una lookalike.

Cosa abbiamo imparato?

Ok e allora come dobbiamo costruirli questi contenuti?
Forse smettendola di creare i soliti video turistici patinati, emotivi, con un sacco di tramonti sullo sfondo e cominciare a lavorare sul #nofilter totale.
Ma non soltanto un #nofilter estetico, di facciata, no no qui parliamo di “verismo” della località turistica.

Possibile, citando l’amico Sergio Cagol, che nessuna destinazione turistica abbia raccontato il dramma della devastazione dei nostri boschi nel nord-italia? Possibile che si continui a fare delivery turistica con questo enorme elefante nella sala di cui nessuno sembra accorgersi?

Unica eccezione, non turistica, il Comune di Canazei:

Il comune di Canazei e la devastazione dei boschi nel nord-italia

Empatia ed empowerment, questi sono i social.

Esattamente come il frame scelto dalla cantina Fiegl per il video della vendemmia, che parte da un vero e proprio culo del contadino in bermuda e bretelle.

La vendemmia di Fiegl

 

Il “verismo” social è diventato il mio paradigma dell’estetica turistica.

Il placement

No, sul placement c’è un lungo discorso da fare.
Troppo complesso, troppo tecnico e non adatto né a trattarlo qui né a buttarlo in mezzo alla platea del BTO11 senza approfondirlo come meritava.
Mea Culpa.

Always on, learning e full funnel

Qui il discorso è molto semplice: Facebook Ads funziona meglio se sei sempre “Always On” ovvero se sei SEMPRE in campagna.
Sembra paradossale, ma è quasi più importante seguire un obiettivo algoritmico che non un obiettivo aziendale.

In un modello precedente all’always on l’imprenditore ha una campagna da fare, magari su un particolare evento della destinazione turistica, quindi imposta l’obiettivo, sceglie un target e progetta l’inserzione:

Così:

Campagna Facebook Ads

Con l’always on, noi siamo sempre in campagna creando una struttura che rispecchi il proprio percorso di inserzione.
Quindi l’azienda, teoricamente, ha sempre aperta una campagna di copertura, o di traffico, o di interazione (ed eventualmente anche di conversione).
L’azienda sceglie poi dei gruppi di inserzione che siano il più stabili possibile e ruota gli annunci all’interno dei gruppi di inserzione.

Così:

Campagna Facebook Ads

E così:

Campagna Facebook Ads

Perché utilizziamo questo metodo?
Perché è più facile chiudere le fasi di apprendimento dell’algoritmo. Se teniamo i target stabili, Facebook ha il tempo necessario di “apprendere” tutto sul vostro target facendogli chiudere la fase di learning.

Un esempio? Beh se avete in corso una campagna di conversione, non importa quale conversione, Facebook ha bisogno che ogni gruppo di inserzione realizzi almeno 50 conversioni alla settimana per poter chiudere l’apprendimento.
Non fai 50 conversioni alla settimana? O cambi tipologia di conversione scegliendone una più leggera, oppure cambi obiettivo e da conversione passi a traffico.
Far procedere campagne che non apprendono, significa buttare via i soldi.

E cosa vuol dire Full Funnel?
Cominciamo a spiegare cosa non è full funnel: Instagram.
Ovunque io mi giri, “Instagram” è la parola più pronunciata da chiunque io incontri in azienda. Ma la cosa dev’essere ben chiara, Instagram non è ancora Full Funnel; lo sarà ovviamente, ma non lo è ancora. Questo significa che non è adatta a tutte le fasi del funnel soprattutto nella parte dedicata alla conversione.
Enorme strumento di awareness, enorme prodotto di primo touch point e spesso anche di consideration, ma da qui a diventare un importante strumento di last click to conversion, ce ne passa.
Facebook invece è perfettamente full funnel, usiamolo.