Advertising Best Practice: come NON seguirle!
Oggi ci parliamo – anzi, leggiamo – guardandoci negli occhi, da advertiser ad advertiser.
Quante volte è capitato di sentirci onnipotenti di fronte al pannello di Ads Manager? Tante, spero. Ma probabilmente non sono nemmeno la metà di quelle in cui… non ci abbiamo capito niente.
Questo perché l’advertising non è una scienza esatta. Non c’è una sola strategia funzionante, un solo metodo, una sola soluzione. Nonostante ciò, il numero di persone che dispensano consigli che spacciano come verità assoluta è sorprendentemente alto. E spesso arrivano dalle piattaforme stesse!
Il che non significa ovviamente che queste best practice siano fuffa o vadano ignorate; semplicemente, non vanno venerate. E, soprattutto, non vanno considerate come dogmi intoccabili.
Vediamo allora come fare l’esatto contrario: facciamoci domande sulle più comuni best practice dell’advertising, poniamoci dei dubbi, analizziamo, svisceriamo e proviamo invece a tracciare delle linee guida libere, morbide e adattabili che possano aiutarci quando facciamo campagne di advertising su Meta (ma anche Google, TikTok…).
Trappole di basso livello
Cominciamo con alcune frasi che chiunque lavori nell’advertising avrà sentito almeno una volta – più probabilmente da dieci a venti.
“Crea campagne Advantage+”
Le figlie predilette delle piattaforme: che siano Advantage+, Performance Max, Smart+ o altro, le campagne algoritmiche sono senza dubbio il trend più in voga degli ultimi anni (e sicuramente anche dei prossimi). Si impostano con due click e portano acquisti, tanti e basso costo. Il sogno di ogni brand.
Da early adopters quali ci piace essere a Noiza, le abbiamo testate fin da subito ed effettivamente la differenza con le normali campagne di conversione si vedeva, e tanto. Il punto è che non si vedeva sempre.
Abbiamo cominciato a notare che ci sono dei casi, ben specifici, in cui le campagne Advantage+ è meglio lasciarle perdere.
I più comuni di questi casi sono quando:
- il brand ha bisogno ancora di tanto “building”,
- la strategia prevede campagne “spot” o con limiti temporali (es. promozioni);
- i tracciamenti non sono ben impostati;
- il pubblico è molto di nicchia;
- l’investimento è basso;
- non ci sono molti asset.
“Usa inserzioni basate sul catalogo”
Si cambia parrucca ma non concetto: tu advertiser mettici gli asset, e poi ci pensa l’algoritmo a portare vendite.
È un altro esempio di best practice spesso elevata a dogma assoluto. Hai dei prodotti? Crea un catalogo dinamico e associalo alle inserzioni: che tu venda gioielli, vestiti, banane o catapulte funzionerà in ogni caso.
Ma, come abbiamo già visto, assoluti nell’advertising non ce ne sono.
Ecco allora qualche altro esempio di casi dove è meglio non usare inserzioni con catalogo dinamico:
- il catalogo non ha molti prodotti;
- i dati dei prodotti non sono aggiornati;
- il target ha bisogni molto specifici;
- vendiamo servizi;
- vendiamo prodotti con un lungo customer journey (es. auto) o di prezzo molto elevato (es. gioielleria di lusso);
- le campagne non sono di conversione.
“Attiva le ottimizzazioni per le creatività”
Negli ultimi mesi Meta ha sviluppato tutta una serie di modifiche automatiche per “migliorare le nostre creatività”.
Se non le avete mai provate, non fatelo. È il miglior consiglio che possiamo darvi a questo punto.
Ma il punto, qual è? Molto semplice: non sempre ciò che le piattaforme propongono corrisponde a ciò che noi vogliamo per il nostro cliente o prodotto.
Se, negli esempi che abbiamo visto fino a ora, le “trappole” sono state relativamente evidenti da trovare ed evitare – al netto del fatto che, per arrivare a queste conclusioni, sono stati fatti numerosi test che non sempre ci si può permettere – non sempre gli elementi che ci permettono di capire che stiamo andando fuori strada ci vengono messi davanti agli occhi.
E per questo rischiano di causare molti più danni.
Trappole di alto livello
“Fate campagne di traffico così prendete più dati”
La pericolosità di questa affermazione sta nel fatto che sembra avere senso.
E in parte lo ha.
Più utenti porto al sito, più possibilità ho che vogliano comprare i miei prodotti. Quindi utilizziamo campagne con obiettivi che portano tanti utenti, come ad esempio: traffico, copertura, visualizzazioni video, eccetera.
Perché allora stiamo parlando di trappole?
Perché il problema non è quanti dati stiamo portando, ma quali.
La tabella mostra come l’algoritmo ha suddiviso la spesa tra i vari range d’età del pubblico di questa campagna di traffico. Si nota una grossa percentuale di investimento sulle persone 65+, giustificata dal fatto che portano un gran numero di click / visualizzazioni della pagina di destinazione.
A prima vista è facile credere che l’algoritmo abbia trovato una nicchia di utenti che probabilmente non abbiamo sfruttato prima, e quindi ci abbia investito su.
Il problema è quello che succede dopo, nelle campagne di conversione…
…comparato con la spesa della campagna traffico.
Sorpresa! Il 65+ del budget della campagna di traffico è stato investito su un target che ha portato meno dell’8% degli acquisti.
Perché la superiore intelligenza artificiale ha scelto di commettere un crimine del genere? Perché la suddetta è incredibilmente brava a raggiungere l’obiettivo impostato nella campagna, e SOLO quello.
Non si dimostra quindi altrettanto capace quando si tratta di trovare utenti di qualità per il brand in generale, che siano effettivamente in target e che convertano.
E questo non succede soltanto con le campagne di traffico, ma con qualsiasi altro obiettivo di ottimizzazione. Provate per esempio a promuovere un video in una campagna di interazione: vi porterà pochissimi commenti, reazioni e condivisioni ma una marea di visualizzazioni video. Perché? Perché sono considerate interazioni. E costano meno.
“Lascia fare tutto alle Advantage+ e non ti preoccupare”
Spoiler: c’è da preoccuparsi. E tanto.
Chiudiamo il cerchio tornando all’inizio con le adorate Advantage+, ma esaminandole più nel dettaglio.
Andando a frugare nelle impostazioni possiamo notare che Meta offre la possibilità di caricare una lista di “Clienti esistenti” ed eventualmente porre un limite al budget investito su questo segmento di pubblico. Le best practice invitano però a lasciare l’algoritmo libero e spensierato, perché tanto sa dove andare.
Peccato che anche in questo caso accade ciò che abbiamo visto nel punto precedente: l’algoritmo ha sì una bussola ben orientata, ma verso la quantità, non la qualità.
Ed ecco il risultato: quasi il 30% del budget speso su persone che già sono nostre clienti.
Ma perché accontentarci di questo già doloroso spaccato quando possiamo soffrire ancora di più?
Andiamo a confrontare gli acquisti e le finestre di attribuzione.
Più di 8 conversioni su 10 sono 1-day view. 8 acquisti su 10 sono stati fatti senza che le persone nemmeno cliccassero sull’inserzione.
E cosa vuol dire? Vuol dire che quelle persone non hanno nemmeno avuto bisogno di cliccare sull’ad per convincersi a comprare.
Perché erano già convinte.
Ergo, abbiamo speso circa il 20% del budget su persone che molto probabilmente avrebbero acquistato comunque.
Il 20% del budget è parecchio.
Tantopiù che le peggiori conseguenze di questa impostazione si vedono sul lungo periodo, come ad esempio:
- bassa incrementalità;
- poco prospecting;
- frequenze altissime in retargeting e troppo basse sul pubblico freddo;
- ROAS drogati.
Conclusioni
Per mantenere la rotta nel burrascoso mare dell’advertising aiuta molto aver ben chiaro il funzionamento delle piattaforme.
Il prodotto di Meta, Google e affini sono le impression, ovvero spazi pubblicitari. E per venderne il più possibile l’algoritmo che gestisce le aste deve avere meno vincoli possibili.
Perché l’obiettivo delle piattaforme è vendere il loro prodotto, mentre il nostro obiettivo è vendere il nostro prodotto.
Una volta chiarita questa differenza si riesce a far luce sui motivi che stanno dietro ad alcune decisioni, ai “consigli utili a migliorare le campagne” e a capire cosa invece dovremmo fare noi, come advertiser, se vogliamo effettivamente migliorarle.
Se volete creare campagne di advertising che funzionino quindi il consiglio finale è: prestate orecchio alle best practice, ma mantenete sempre voi il controllo!